Domenico Sciajno: le son qui marchait dans la couleur |Autore: Giulia DeVal|

Domenico Sciajno nasce a Torino nel 1965, dove tuttora insegna presso il Conservatorio Giuseppe Verdi. L’ampio spettro delle materie di cui è docente ci fornisce già una chiave di lettura sulla sua attitudine cross-disciplinare: Musica d’insieme, Improvvisazione e composizione, Composizione multimediale e installazione d’arte.

Il suo percorso inizia come contrabbassista jazz presso il Royal Conservatory di Den Haag, Olanda, dove viene in però catturato dalla composizione elettronica.

Potremmo parlare di Sciajno come di un compositore quindi, ma le installazioni di cui si fa creatore pongono tuttavia come centrali l’immagine e la potenza cromatica, rendendo difficile capire quale sia il perno attorno al quale la vista e l’udito si assestano.

In molte delle sue opere non solo il suono è spazializzato, ma anche la visione è chiamata a seguire mutazioni di colore proiettate su diversi screens: la prospettiva centrale si perde e la frontalità lascia il posto a un ambiente immersivo, con un esito non troppo distante da ciò che accade in ambito teatrale con M#10 Marseille della Tragedia Endogonidia (Socìetas Raffaello Sanzio, composizione elettronica di Scott Gibbons).

Ciò che possiamo osservare è che il palcoscenico definitivo sembra essere ormai il cervello dello spettatore: registi del suono e dell’immagine sembrano voler agire direttamente sulla nostra sfera percettiva e sensoriale, declinando in chiave tecnologica l’unione invincibile del suono e del colore.

Questa tendenza a creare un ambiente cromatico, che abbiamo visto concretizzarsi in ambito musicale con Sciajno e teatrale con la Socìetas è riscontrabile anche nella sfera delle arti visive tout court, ne è esempio massimo James Turrell a cui Georges Didi-Huberman ha dedicato il saggio L’homme qui marchait dans la couleur.[1]

La lingua francese, imponendo il sostantivo femminile, offre un ottimo punto di partenza per riflettere sul potere del colore: è “lacouleur, come “lamer/mère (mare, madre), o se preferiamo (sempre dalla stessa radice) la matière che ingloba e contiene, come un magma uterino.

In queste situazioni lo spettatore/visitatore è chiamato ad abitare uno spazio, a esserne avvolto e catturato tramite i sensi, questione sulla quale Sciajno ha indagato talmente in profondità da fondare nel 2005 l’Istituto di Biosonologia (Accademia dell’arte in ascolto). Si tratta di un centro di ricerca e sviluppo, con sede a Palermo, dedicato all’interazione tra il suono e la risposta neuro-biofisiologica dei suoi fruitori.

La Biosonologia sfrutta il potere vibrazionale delle frequenze sonore per accedere ai livelli superiori della nostra coscienza e per sostenere la capacità di mantenere in equilibrio il nostro organismo nella sua interezza.

La nostra mente e il nostro corpo rappresentano una complessa entità fatta di materia organica e di flussi di energia in perenne vibrazione.

La natura vibratoria del suono e la nostra sofisticata capacità di percepirlo fanno sì che rappresenti un potente strumento per entrare in risonanza con le parti più profonde di noi.

Elemento fondamentale e comune a tutte le tipologie delle sessioni biosonologiche è dunque il suono.[2]

Gli scritti sulla biosonologia sono stati recentemente raccolti nel volume Vibrazioni sonore per il corpo e la mente.[3]

Per l’ultima edizione della rassegna Polincontri,[4] organizzata presso il Politecnico di Torino, Sciajno, accompagnato dagli allievi della Scuola di Musica Elettronica (SMET), ha riproposto un’opera significativa dal punto di vista della percezione: Music For Solo Performer di Alvin Lucier.

Con questa composizione, Lucier è tra i primi ad esplorare l’utilizzo di un elettroencefalogramma per ricavare i dati biofisici relativi all’attività cerebrale al fine di renderli udibili.

Si tratta in sostanza di un’opera in cui il performer è colui che mette a disposizione il proprio “pensiero” che, “catturato” elettricamente dall’EEG viene trasformo in suono e musica attraverso dispositivi vibratori appoggiati sulle corde di un pianoforte. Questo elemento è un’innovazione operata da Sciajno, mentre nella versione di Lucier le onde celebrali (di frequenza troppo bassa per essere udite) venivano trasmesse ad altoparlanti in grado di produrre suono muovendosi su una superficie d’appoggio.

In questa significativa riproposizione, Sciajno non è più solo compositore, creatore di situazioni, ma si trasforma in vero e proprio performer a cui viene collegato l’apparecchio per catturare il “pensiero”, mentre un assistente gestisce la materia decidendo quando, cosa e quanto sentire.

Tutto ciò è tradotto a livello visivo su un grande schermo: una telecamera cattura ciò che succede all’interno del pianoforte e il tutto viene poi a configurarsi come una grande massa cromatica in mutazione.

Nella stessa occasione, Sciajno presenta anche una sua opera del 2010, Sonic Shuffle, Partitura grafica per laptop ensemble e direttore.

Qui vediamo il compositore come direttore di un ensemble di laptop, ma non smette comunque di avere una chiara veste performativa.

Sonic Shuffle è concepita a partire da una partitura grafica che viene elaborata attraverso un mazzo di carte “mescolate” (to shuffle) e poi distribuite tra gli interpreti in modo casuale prima della performance; su ogni carta (che non è una comune carta da gioco) è riportato un processo a cui l’interprete deve attenersi e che varia nella durata a seconda dell’orchestrazione di Sciajno. A tutto questo si unisce un complessa elaborazione video scaturita da due dispositivi: un microfono e una telecamera. Il microfono cattura i suoni dell’ambiente (dalla composizione vera e propria prodotta dall’ensamble di laptop fino ai colpi di tosse e alle voci della sala).

I suoni vengono mappati come acuti, medi e gravi e agiscono su parametri di intensità luminosa e saturazione del colore delle immagini catturate da una telecamera mobile, manovrata da Sciajno stesso.

Ogni musicista al laptop lavora in solitudine come se stesse eseguendo un assolo: Sciajno orchestra organizzando la materia sonora dunque, ma al tempo stesso direziona la telecamera: talvolta la passa a qualcuno degli allievi, talaltra lo appoggia sulla propria pelle o la avvicina alla cavità orale generando effetti acustici e cromatici di grande impatto e affermando ancora di più la sua presenza di performer.

Meglio di tutte per l’opera Sonolume, AudioVisual performance based on lightin tools, del 2010, testimonia la volontà di Sciajno di scivolare in situazioni in cui l’aspetto performativo è centrale e in cui il colore è uno degli elementi principali per agire sulla percezione non più di un “pubblico”, ma di uno “spettatore”, inteso individualmente e fisiologicamente.

Suono e luce sono onde che si propagano nello spazio, muovendosi in qualsiasi direzione del mondo fisico, interagendo con lo spazio e con gli elementi che lo occupano sia che siano animati che inerti.

Suono e luce sono quando esistono, dalla loro emissione alla loro dissoluzione, indipendenti dalla nostra consapevolezza: li percepiamo solo quando intercettiamo la loro trasmissione attivando i sensi per interpretarli. Questi sono gli aspetti che mi interessano. Suono luce e spazio sono gli elementi principali di questa performance. L’elemento video è per un punto di vista interno alla performance e, come una lente di ingrandimento, si focalizza su alcuni dettagli quindi li amplifica e diffonde nello spazio insieme ai loro generatori “concreti”. Perciò viene usata una videocamera (fissata su un tavolo o mossa dalle mani durante la performance dal vivo) per catturare il mio intervento sugli strumenti di illuminazione che sono al tempo stesso fonti generatrici e attivatori del suono e del video.

Non appena il suono e la luce interagiscono con lo spazio dove si propagano, io interagisco con la ripresa e lo sviluppo del video, attraversando la barriera che separa il mondo fisico da quello virtuale, artificiale e raffigurato.

[…] [in questa performance] gli elementi basilari (luminosità, colore, saturazione, tinta, dislocazione e ricollocazione) sono sensibili ai parametri del suono generati e trasmessi allo stesso tempo.

[…] Il pubblico è immerso in un flusso di suono e luce […] multidimensionale e multisensoriale che stimola la percezione attiva. Questo dà la possibilità al pubblico di espandere il proprio orizzonte oltre le convezioni simboliche e interpretative di uno stile […].

L’effetto immersivo è raggiunto evitando lo standard della videoproiezione su uno schermo piatto e rettangolare. Lo spazio è organizzato preventivamente e in modo site specific con lenzuoli che si situano in luoghi differenti dell’intero ambiente (non solo il palco ma anche lo spazio del pubblico) […].

Questo genera un disegno esteso su più livelli e più dimensioni che trascina lo spettatore in un’architettura di immagini, colori e luci. [5]

In conclusione, ciò che possiamo notare è che l’opera di Sciajno e molte espressioni del teatro e della danza di oggi (che pur contemplando l’elemento sonoro, non hanno nella musica il proprio punto di partenza) siano decisamente consonanti.

Se volessimo fare un nome, il danzatore Saburo Teshigawara, mosso da un’idea forte di “sospensione”, che si configura come punto di passaggio tra un gesto e un altro, come il dare forma attraverso il corpo a qualcosa che non è ancora visibile.

Il corpo di Teshigawara, esattamente come il microfono di Sciajno, si fa “convertitore”, l’aspetto luminoso e spaziale della scena in giunge in entrambi i casi a soluzioni formali simili agli ambienti di Turrell: siamo difronte al che si trasforma diafano e che insieme al suono avvolge i nostri sensi raggiungendo la consistenza del fumo e della nebbia, un suono che cammina nel colore.

[1] Didi-Huberman Georges, L’homme qui marchait dans la couleur, “Fables du lieu”, Les éditions de minuit, s.l., 2001

[2] Nel sito ufficiale dell’istituto: http://www.biosonologia.it

[3] Domenico Sciajno, Vibrazioni sonore per il corpo e la mente, Psiche 2, Torino, 2017;

[4] Le due performance di cui parliamo sono state eseguite nell’aula magna del Politecnico di Torino in occasione della XXV edizione della rassegna Polincontri presso il Politecnico di Torino: Music For Solo Performer (1965), Alvin Lucier, interpreti: Domenico Sciajno (elettroencefalogramma e pianoforte), Luca Morino (dispositivi elettroacustici e pianoforte); Sonic Shuffle. Partitura grafica per laptop ensemble e direttore (2010), Domenico Sciajno, interpreti: Pietro Caramelli, Francesco Cesario, Andrea Cuscela, Roberto Federici, Omar Ferrero, Giulia Francavilla, Andrea Marazzi, Matteo Martino, Federico Primavera, direzione dell’ensemble: Domenico Sciajno.

[5] Scheda di presentazione dell’opera Sonolume inviatami per e-mail da Domenico Sciajno (comunicazione privata)

Domenico Sciajno was born in Turin in 1965, town in which he currently teaches at Conservatorio Giuseppe Verdi. The variety of subjects that he teaches it is already a good gateway to understand his multi-disciplinary approach: Overall music, Improvisation and Composition, Multimedial composition and art Installation.

His formation starts as jazz double bass player at Royal Conservatory of Den Haag, Netherlands, but then he engage with electronic composition.

We could speak about Sciajno like a composer, of course, but his installations place at center the image and the power of colour enough to make it difficult to define a hierarchy between vision and hearing.

In many of his artworks not only sound is spread in the space, but also sight has to follow chromatic mutations projected on different screens: central perspective is left and frontal view gives way to an immersive environment, with an outcome not so far from what happens in M#10 Marseille of Tragedia Endogonidia (Socìetas Raffaello Sanzio, electronic composition by Scott Gibbons).

We observe that the definitive stage seems to be the brain of spectator, sound and image directors really want to work on our sensorial perception, using technologies for a centuries old union: the one of sound and colour.

This trend to create a chromatic environments, used both in music and theater contest with Sciajno and Socìetas is also present in tout court visual arts, for example, with James Turrell to whom Georges Didi-Huberman dedicated the essay L’homme qui marchait dans la couleur. [1]

French language, with the use of a feminine noun, offers a good starting to reflect on the power of colour: it is “lacouleur, as “lamer/mère (sea, mother), from the same origin, matière, something that includes and contains like the amniotic fluid, an uterine magma.

In this case the spectator/visitor has to inhabit the space, he is wrapped by that thanks to the senses.

Sciajno studied this topic so deeply that he decided to found the Institute of Biosonology (Academy of art of listening) in 2005. It is a center of research and development based in Palermo focused on the interaction between sound and neuro-biophysical reflexes of people.

Biosonology uses the vibrational power of sound frequences for access to high levels of our consciusness to sustain our ability of balancing our body in its entirety.

Our mind and our body rapresent a sophisticated entitie made of organic matter and flows of energy in perpetual vibration.

The vibrational nature of sound and our sophisticated ability to feel that make the sound itself a powerful instrument for resonate with the deeper parts of us.

The basis element in common between all the biosonologic sessions is precisely the sound.[2]

Sciajno’s studies on biosonology are recentely collected in the book Vibrazioni sonore per il corpo e la mente.[3]

For the last edition of Polincontri survey,[4] organised by Politecnico di Torino, Sciajno, with the students of the School of Electronic Music (SMET), brought back an important artwork about perception: Music For Solo Performer di Alvin Lucier.

With this composition, Lucier is among the first exploring the use of electroencephalogram to keep biophysical data of the brain activity in order make them audible.

This is an artwork in which the performer is someone that “gives his mind” that is captured in an electric way by ECG and then it is trasformed in sound and music thanks to vibrational devices resting on piano wire.

This element is introducted by Sciajno while in Lucier version brain waves (with an inaudible low frequence) were transmitted to speakers able to produce sound moving on a surface.

In this new version, Sciajno is not only composer and director of situations, he became effectively a performer. His brain is connected to the device to catch the “thought” while an assistant manages all the materials deciding what we will listen and when.

All is trasformed in visual on a big screen: a camera captures what happens inside the piano then all becomes a big colour mass mutating.

In same occasion, Sciajno proposed his composition Sonic Shuffle, Partitura grafica per laptop ensemble e direttore (2010).

Here the composer is the director a laptop ensamble, but never stopping to have a performative capacity.

Sonic Shuffle is designed starting from a graphic score elaborated through a deck of cards shuffled and distributed to the performers at random before the performance. Every card (that is not a common card for play) brings a process that the performer have to follow: the time of the action dipends on the director.

In the midst of all this, there are also a shopisticated video elaboration that comes from two devices: a microphone and a camera. The microphone capures sounds from environment (composed music producted by laptop and cough and voices of concert hall too).

Sounds are mapped as acute, middle and low and take action on parameter of light intensity and saturation of coulour of images captured by a moving camera, managed by Sciajno himself.

Every musician at laptop work in solitude like in a solo: Sciajno directs the action organizing the sound matter and he moves the camera at the same time: sometimes he gives the camera to a student, sometimes he pass the camera on his skin and put it in the oral cavity creating acoustic and chromatic effects.

Sonolume, AudioVisual performance based on lightin tools (2010) is maybe the artwork in which Sciajno shows his approach of performance and his willingness to take action not on the “audience” but on the “spectator”, a fellow with his own physiology.

Sound and light are waves that propagete in the space moving in every diretion of physic world, interacting with the space and the elements that occupy that, both animated and inactives.

Sound and light are when they exist, from their emission to their dissolving, they are indipendent from our consciousness: we feel them only when we intercept their trasmission activating senses in order to interpretate them.

These are the aspects which interest me.

Sound, light and space are the main elements of this performance.

Video is an internal point of view of the performance and, like a magnifying glass, it focus on some details ampliying and spreading them in the space with their “concrete” generators.

This is the reason way I use a camera (fixed on a table or moved by hands during live performance), I used it for catching my intervention on light devices that activate sound and video at the same time.

When sound and light interact with space where they propagate, I interact with footage and development of video,

[…] [In this performance] the main elements (light, colour, saturation, dye, dislocation and ricollocation) are sensitive to the parameters of sound generated and trasmitted at the same time.

[…] The audience is immersed in a flow of sound and light […] multi-dimensional and multi-sensorial that stimulate the active perception. This fact gives the possibility to the audience to expand its horizon throght symbolic conventions of a style […].

The immersive effect is reached avoiding the standard of videoprojection on a flat and rectangular screen. The space is organized before in a site specific way with sheets collocated in different points into the environment (not only the stage but also the space of the audience) […].

This element produce an extended design in many levels and dimnesions that brings the spectator in an architecture of images, colours and lihts. [5]

We can observe, in conclusion, that the work of Sciajno is closed to other expressions of contemporary dance and theater (even if they don’t start from a musical approach).

We can speak for examle of the dancer Saburo Teshigawara who works on the idea of “suspension”, reflecting on passages between gestures and using the body in order to give a shape to something that is not yet visible.

The body of Teshigawara, like the microphone of Sciajno, becomes a “convertor”, in both the experiences light and space are similar to Turrell environments: the coulour trasforms itself diaphanous and sound wraps our senses with the consistency of smoke and fog. It’s a sound that walks in the colour.

[1] Didi-Huberman Georges, L’homme qui marchait dans la couleur, “Fables du lieu”, Les éditions de minuit, s.l., 2001

[2] In http://www.biosonologia.it

[3] Domenico Sciajno, Vibrazioni sonore per il corpo e la mente, Psiche 2, Torino, 2017;

[4] These two performances were performed at Politecnico di Torino for Polincontri, XXV ediction: Music For Solo Performer (1965), Alvin Lucier, performers: Domenico Sciajno (ECG and piano), Luca Morino (electroacustic devices and piano); Sonic Shuffle. Partitura grafica per laptop ensemble e direttore (2010), Domenico Sciajno, performers: Pietro Caramelli, Francesco Cesario, Andrea Cuscela, Roberto Federici, Omar Ferrero, Giulia Francavilla, Andrea Marazzi, Matteo Martino, Federico Primavera directed by Domenico Sciajno.

[5] Card of Sonolume sent to me by e-mail from Domenico Sciajno (private comunication)

Giulia DeVal è una giovane artista che ricerca il suo linguaggio tra le arti visive e la musica sperimentale, concentrandosi in particolare sulla relazione tra voce e oggetto. Dopo la laurea, appena conseguita presso l’Università di Bologna in Discipline della Musica e del Teatro, continua la sua ricerca teorica volta allo studio di performance ibride e alle connessioni tra il teatro d’oggetto e la scena noise europea.”