Sorgente è il primo album in solo di Devid Ciampalini in uscita a Febbraio per Canti Magnetici.
Musicista e compositore, nonché fondatore del collettivo Ambient Noise Session, Devid Ciampalini svolge ricerche legate all’improvvisazione e alla composizione di musica elettronica, utilizzando sintetizzatori, field recording e nastri magnetici. Il suo lavoro, al confine tra musica cosmica e musica concreta contempla diverse pratiche: registrazioni multitraccia su nastro magnetico, improvvisazioni con sintetizzatori, tagli della bobina in piccole porzioni che vengono mescolate e rimesse insieme in modo casuale, il tutto per ottenere un collage di suoni stereo. La bobina così trattata viene utilizzata come sequenza casuale da modificare e con cui interagire durante un live. Con Ambient Noise Session dal 2011 organizza eventi in teatri, centri sociali e boschi portando avanti la propria idea di linguaggio fatto di psichedelia, rumore e musica libera.
Dal 2016 suona sintetizzatore e nastri in trio con New Jooklo Age, un progetto elettronico parallelo del Jooklo Duo.
Registrato in un periodo di isolamento trascorso in Garfagnana, tra le Alpi Apuane e la principale catena dell’Appennino Tosco Emiliano, Sorgente riflette il carattere informe dei corsi d’acqua che l’hanno ispirato. Sulle tracce degli itinerari percorsi in gioventù, Devid apre un dialogo tra gli elementi naturali di questi paesaggi incontaminati e le apparecchiature analogiche utilizzate per elaborare e rivelare quanto catturato durante le sessioni di registrazione. I bip elettronici di queste strane e vivaci composizioni hanno qualcosa che ricorda i funghi in fiore, il verde vivo del muschio che sboccia sulle pietre, gli odori del sottobosco, i movimenti di tutta la micro fauna che vive nell’Alta Valle del Serchio e qualcosa del carattere gentile e bizzarro dello stesso Devid.
Come il noto metafonista italiano Marcello Bacci, anche lui toscano, Devid sembra ricercare qualcosa di segreto e nascosto nei suoni con cui sta giocando.
Circondato da registratori a nastro, vecchi sintetizzatori, oggetti sonori e strani artefatti, Devid si muove come un medium nel mezzo della sua esperienza, filtrando e mescolando, e poi ridistribuendo bolle sonore nel tentativo di fondere fenomeni naturali ed elettronica in nuovi elementi, a volte più astratti, a volte più concreti.
I dispositivi di registrazione forniscono una possibilità di comunicazione dello spirito e cercano di connetterci a questo diverso piano di realtà. Il suono, dopo essere passato a un registratore a bobina, e dopo essere stato tagliato e incollato a caso, si rivela completamente a livello dell’orecchio come un sistema sonoro ecologicamente scintillante.

La parola “sorgente” rimanda alla fonte come elemento naturale, ma anche a tutto ciò che nel linguaggio digitale indichiamo con il suo corrispettivo “source”. La raccolta e la catalogazione dei dati, la creazione di database… e questo in ambito sonoro e non. Come si traduce questa duplice natura del titolo nell’idea del disco?
Il termine “sorgente” può avere molteplici possibilità di utilizzo nel linguaggio e si usa in vari contesti.
Può essere una “sorgente sonora”, ad esempio, i vari campionamenti miscelati tra loro sia in maniera consapevole che inconsapevole e riordinati successivamente in fase di composizione, o più generalmente tutto ciò che riproduce suoni per noi decifrabili.
L’album è ispirato ai suoni delle sorgenti, dove l’acqua dalle falde acquifere sgorga incontrollabile attraverso i ruscelli di montagna con il suo flusso continuo, di conseguenza prosegue la scelta del titolo. “Sorgente” infine porta con sé anche un significato più intrinseco essendomi basato sui luoghi della mia infanzia;
ed è così che spontaneamente sono uscite varie interpretazioni, idealizzando la sorgente come una mia personale origine. Ho così rielaborato la mia evoluzione musicale con qualcosa di più primordiale.
https://cantimagnetici.bandcamp.com/album/sorgente
Cosa ti ha interessato in modo particolare del territorio della Garfagnana e con quali pratiche ti sei mosso durante il processo di field recording?
La Garfagnana è stato per me un territorio di esplorazione sonora tra il 2016 e il 2017. In quel periodo mi ero particolarmente interessato al mondo del field recordings, e mi sono lasciato ispirare da varie personalità tra cui Henning Christiansen che nel 1985 registrò gli animali dello zoo di Roma e Jean C. Rochè che negli anni 70 registrò vari tipi di uccelli in Venezuela. Per una serie di concerti che feci a Berlino nel 2015 ero partito con la stessa intenzione: registrare i suoni del famoso zoo, che però in quei giorni non mi uscirono particolarmente interessanti… come spesso accade quando si programma troppo.
La svolta avvenne a Lucchio, durante un pomeriggio incappai in un gregge di pecore che pascolava lungo le strette strade che portano al paese, per caso avevo lasciato in auto un registratore a cassette portatile e registrai, per l’appunto, il field di “Pecore e Sintetizzatore”.
Il mio obiettivo però non era fare un lavoro puramente audio documentaristico, quindi appena arrivato a casa riversai tutto su nastro e iniziai a rallentare e velocizzare la registrazione, capii da subito che quello era ciò che cercavo.
Di lì in poi iniziai a concepire meglio questo lavoro, iniziando a registrare non solo animali ma anche ruscelli, in quella zona se ne trova parecchi. I ruscelli producono dei suoni interessanti, sono dinamici e progressivi, basta spostarsi di qualche metro o puntare i microfoni in altre direzioni e l’ascolto cambia.

Come entra in relazione la strumentazione analogica con tutto questo e di che tipo di strumentazione si tratta?
Per registrare mi sono affidato a registratori a cassette e mini-cassette con l’ausilio di qualche microfono.
Il lavoro di nastro è stato fondamentale perché con la tecnica del collage ho avuto l’opportunità di far emergere composizioni che nemmeno avrei concepito, ho dovuto soltanto selezionare il materiale, ma la vera composizione si è auto generata; mi piace questa idea di avere un rapporto paritario tra la fonte sonora, me stesso e la mia strumentazione. Durante il processo di taglia e incolla, ascoltavo e pensavo a cosa poterci sovraincidere, tra sintetizzatori, piani elettrici, oscillatori, ecc., per entrare in armonia con le registrazioni.
Ho cercato di limitarmi nella scelta degli strumenti e degli effetti, ho usato soltanto un riverbero a molla e due echi a nastro, dunque ho registrato delle lunghe suite di improvvisazione con i suoni del nastro, che delle volte sono le mie stesse improvvisazioni in rewind, cercando di non sovraccaricare troppo la struttura, al massimo ci sono due strati che si muovono, uno è suonato in maniera istintiva e l’altro è riprodotto dal nastro.
Mi sono allenato facendo partire il nastro da un punto casuale e suonandoci sopra, ed è quello che fondamentalmente faccio nei live.
Il processo finale è stato il passaggio in digitale, mixando con il mio mixer Tascam m216, lì mi sono concentrato sulle stereofonie cercando di dare un movimento spaziale ai suoni, ci sono molti pan e fade, quella è stata la parte meno divertente di tutto il processo. Dal vivo ci puoi intervenire con più fantasia e lo senti sul momento se funziona, al contrario, invece, metterlo sull’impianto finale è soltanto una impressione delle svariate possibilità, questo album poteva uscire davvero in tantissimi modi diversi.
Ultimamente sto cercando di affrontare un percorso metodico con la strumentazione elettronica, sono partito suonando analogico, ma adesso sto studiando sintesi FM (digitale) con lo Yamaha CX5M e i vari programmi.
Non ci sono limiti alla creatività.

Sorgente potrebbe essere paragonato anche a un esercizio di metafonia, un mettersi in ascolto di una dimensione occulta o perlomeno invisibile, di un mondo sotterraneo. Hai mai pensato al tuo modo di lavorare in relazione alla figura di Marcello Bacci, anche lui toscano?
Il mettersi all’ascolto dell’ignoto è parte fondamentale della mia ricerca, tenere gli orecchi allenati a captare i suoni misteriosi. I nastri sono molto adatti a questo scopo perché a volte capita di usarli in maniera inusuale, per esempio si possono mettere al rovescio, cambiare la velocità e quindi a sua volta l’intonazione e magari ascoltando una registrazione del vento inspiegabilmente muta in una voce o viceversa. Le possibilità sono davvero infinite; io cerco di ascoltarmi e dare un’immagine al suono che mi sta parlando. Se mi incuriosisce è perché sicuramente vuole comunicarmi qualcosa e ci sono momenti di pura estasi quando scopri un suono in cui ti riconosci, la maggior parte delle volte non faccio in tempo nemmeno a catturarlo ma non ha importanza, è una contemplazione molto introspettiva e potente. La stessa che puoi avere sulla cima di una montagna o in un fondale marino, oppure come nel caso del citato maestro Marcello Bacci (comunicando con l’aldilà).
Lo sguardo di Canti Magnetici abbraccia un terreno molto ampio che include pratiche sonore ibridate con le arti visive. Senti qualche affinità o hai qualche riferimento estetico esterno all’ambito puramente musicale?
Ultimamente sto cercando di distanziarmi dall’estetica puramente intesa come arte visiva, perché mi pare che accettandola mi limiti nel trovare ciò che veramente mi piace. Certamente ho un mio gusto estetico che può essere riconducibile alla ecletticità del pensiero Fluxus, ma tutto ciò che è art brut mi identifica, non tanto come opera in sé, ma come una nutrita forma di rispetto artistico verso tutto quello che viene fatto senza un concetto; è l’enigma del uomo moderno dare un significato ed un peso estetico a ciò che ci circonda visto che tutto è estetica e noi viviamo in base a questo. Su questo punto mi interessa di più l’estetica del corpo come entra in relazione con gli ambienti, Ana Mendieta e Vito Acconci sono stati fondamentali per me.
Anche la “New Age” mi affascina per questo, perché si porta dietro svariate discipline come lo Yoga, la filosofia, la musica, la cartomanzia, ecc. che però confluiscono tutte in un’unica direzione (la cura del corpo e dello spirito), per non parlare di tutte le personalità bizzarre, enigmatiche e controverse che si porta dietro.
Rimane, nella mia personalità tuttavia un magnetismo rivolto al paranormale e all’occulto nelle sue forme più grottesche, queste si fanno presenti nel mio background e si riflettono sul mio modo di concepire la musica, senza forme logiche e senza prenderla troppo sul serio.

