Sound Living. Intervista a Bite Dog e Bertrand Gauguet (ITA). Autore: Giulia DeVal.

Bertrand Gauguet e’ un sassofonista improvvisatore, compositore di musica elettronica e collezionista di suoni. Con  il suo strumento, Gauguet esplora tecniche estese polifoniche e microfoniche. Le sue collaborazioni con il cinema, la danza e il teatro sono molteplici essendo ospite in numerosi festival di musica sperimentale e di ricerca in Francia, Europa, Usa e Giappone. I suoi interessi sono musicali e non-musicali: il suono come supporto alla meditazione, il respiro, l’interazione con lo spazio, il corpo e la memoria. È stato ospite di Villa Kujoyama a Kyoto nel 2011 e la sua discografia include dieci album pubblicati dalle label Another Timbre, Monotype, Amor Fati, Herbal, Creative Sources and Ear Training. Con Gauguet e BiteDog siamo decisamente nella dimensione di un sound living, di un suono che vuole essere abitato e che nasce dall’interazione tra oggetti/strumenti, corpo e respiro.Proprio a partire dagli artefatti, gli strumenti autocostruiti che caratterizzano la ricerca di BiteDog, iniziamo il nostro dialogo con Gauguet.

Bertrand Gauguet, improviser saxophonist, composer of electronic music and sounds collector. His approach to the saxophone explores extended tecnhiques, multiphony and microphony. Composer of electronic music, many collaboration with the cinema, the dance and radio, it has been programmed in numerous festival of new and experimental music in France, Europe, Usa and Japan. Interests are musical and non-musical: sound as a meditation support, the breath, the interaction with space, body and memory. He was a resident of Villa Kujoyama in Kyoto in 2011. His discography includes ten albums published by the label Another Timbre, Monotype, Amor Fati, Herbal, Creative Sources and Ear Training. With Gauguet and BiteDog we are definetely in the dimension of a “sound living”, a sound that ask to be inhabitated and that rise from interaction between objects/instruments, body and breath. Exactly starting from artefacts, the self-made instruments that characterize BiteDog’s research, we will begin our dialogue with Gauguet.

GD: Nella ricerca contemporanea elettroacustica spesso gli artisti intervengono sulla tecnologia usando effetti o artefatti. Qual è la tua esigenza rispetto al sassofono e come interagisci con l’elettronica?

BG: Da molti anni lavoro sull’espansione delle tecniche per ricreare altri tipi di suono che la tradizione del sassofono generalmente non sfrutta. In quest’ultimo anno mi sono focalizzato sul respiro e sul sound multifonico. Non sono molto interessato nell’utilizzo di effetti e artefatti, di solito suono non amplificato per provare a giocare con l’acustica del posto. Quando suono microfonato è per amplificare suoni molto piccoli, per produrre un colore molto particolare con i suoni e lo spazio o a volte per produrre feed-back.

GD: Credo che il tuo lavoro porti con sé una riflessione sul concetto di “presenza”, su una modalità dello “stare”, dell’abitare un suono che ci porta in una dimensione decisamente performativa, legata al corpo e al respiro…

BG: È così. Il respiro è molto legato al lavoro di un sassofonista. E se stiamo parlando di respiro stiamo parlando del corpo. Sono molto concentrato sull’idea di abitare il suono, la sua relazione con l’acustica dello spazio intorno e come posso suonare con questi parametri. Che tipo di esperienza posso produrre con un suono, con un respiro? Fino a dove posso arrivare con questo suono? Come il mio suono può mescolarsi ad altre frequenze dell’orchestra? Come un suono può suggerire una via dell’hasard?

GD: La tua musica spesso si incontra con la radio, con il film e con la danza, quali elementi extramusicali entrano in contatto con la tua ricerca?

BG: Le mie collaborazioni con il film e la danza sono legate più alla musica elettronica, di cui sono anche compositore. Non è semplice rispondere a questa domanda ma sono interessato soprattutto al confine tra musica e non-musica, tra il noise e il suono, il noise e la musica.

GD: In the contemporary electroacustic research usually artists works on technology using effects and artefacts. What’s your esigence using saxophone and how do you interact with electronics?

BG: Since many years, I work about expanded technics to produce some other kind of sounds that saxophone’s tradition doesn’t usually produce.  These last years, I focus myself about breath sounds and multiphonics sounds. I am not so much interested to use some effects and artefacts. I usually play acoustic to try to play with the acoustic of the place. When I play with amplified system, It is to amplified very quiet sounds, to produce a very particular colour with sounds and space or sometimes to produce feed-backs.

GD: I feel that your work keep inside a reflection on “presence”, on a different modality “to stay”, maybe “to inhabit” a sound. This element bring us to a performative dimension, linked to the body and the breath… 

BG: That’s right. Breath is very linked to the work of a saxophone player. And if we are talking about breath, we are talking about body. I am very focused about the sound living, his relationship with acoustic space around and how I can play with these parameters. What kind of experience can I produce with a sound, with a breath? Until where can I go with this sound? How my sound can mix up with the other frequences in the orchestra? How a sound can suggest a way of hasard?

GD: Your music join up often radio, film and dance. Which non-musical elements are involved in your research?

My collaborations with film and dance are more activated with electronic music that I also compose. It is not really easy to answer to this question but I am especially interested by the frontier between music and no-music, between noise and sound, noise and music.

GD: Chiedo invece a Emilio Bernè (BiteDog), come pensate si sviluppi un’idea di duo in un contesto d’improvvisazione come BiteDog e in che direzione muove la vostra ricerca?

EB: BiteDog è quello che l’improvvisazione, il sound e gli oggetti condivisi tra noi, continuano a maturare nella nostra idea di duo.  Nel nostro insieme vi è un equilibrio tra l’atto del suonare e l’ascolto estemporaneo del suono che ne è scaturito, dove spesso si crea la possibilità di essere semplicemente spettatori, di osservare quello che è successo come se non ne fossimo la causa. Siamo sempre più attratti dal concetto di casualità, la creazione continua di sequenze apparentemente illogiche di accadimenti, senza tralasciare il silenzio e lo spazio: questi fanno parte dell’accaduto, sono momenti di ascolto e di passaggio tra casualità e gesto involontario. Gli artefatti che usa Ivan Bringas sulle sue floor guitar, gli oggetti e le corde di metallo che vanno dai cymbals ai microfoni piezo sui tamburi, ci permettono di giocare e di rivisitare tutto quello che succede, capovolgendo ogni volta l’idea precedente. Questi “non strumenti” inseriti in un contesto di improvvisazione lasciano spazio all’idea di un suono elettronico simulato sopra un tappeto di suoni acustici.

GD: Bertrand Gauguet usa il sassofono sfruttandone al massimo la dimensione sonora e rumoristica, potremmo dire che anche tu, nel progetto BiteDog e nella tua ricerca solistica segui questa estetica.

EB: Ho seguito Bertrand Gauguet sul web per parecchio tempo, lo ascoltavo ancora prima di suonare nel duo con Ivan, la sua estrema coerenza nel perseguire un’idea di suono e di movimento mi porta su un’altra frequenza di ascolto. Nell’osservarlo interagire con l’elettronica mi impressiona molto essere di fronte a un sassofonista senza mai sentirlo. È proprio questo che ci ha fatto pensare a un trio con lui. Osservare questo flusso di rumori provenienti da uno strumento a fiato, interagire con un’idea di elettronica simulata attraverso spazi e silenzi, ci dà una sensazione di completezza e allo stesso tempo ci porta in una dimensione rischiosa che insegna a considerare l’errore come input per un processo creativo futuro. Anche quando lavoro in solo ragiono in questa direzione. Il mio solo NO DRUMS non è la negazione di un linea ritmica. Usando oggetti e corde di metallo su un mini set di batteria, è interessante cambiare la mia gestualità su uno strumento ridotto al minimo, che è la stessa cosa che faccio con BiteDog, non più utilizzando schemi fisici e mentali principalmente legati ad una visione batteristica ma integrando in esso una forma che si avvicina di più al movimento scenico. Questo mi permette di pensare in maniera diagonale toccando dal basso verso l’alto uno schermo di suoni e di gesti.

GD: I ask now to Emilio Bernè (BiteDog), How do you think you develop an idea of duo in a improvised context like BiteDog and in which direction does your research move?

EB: BiteDog is what improvisation, sound and objects that we share continue to evolve in our idea of duo. In our ensamble there is a balance between gesture of playing and extemporaneus listening of sound that comes out, where often we have the possibility to be just spectators, to observe what’s happen as we are not the cause of that. We are increasily attracted by the concept of chance, the continuous creation of sequences of accidents that appear illogical, without ignoring silence and space: these are part of the process, they are moments of listening e passages between chance and involuntary gesture. The artefacts used by Ivan Bringas and his floor guitar, the objects and metal strings from cymbals to the piezoeletric on snare permit to play and revisit all that is going on, turning upside down every time the first idea. All those “non-instruments”, involved in the process of improvisation, make way for the idea of a simulated electric ambient dipped into the acoustic sound.

GD: Bertrand Gauguet uses saxophone exploring sound and noise dimension, we can say that you also follow this estethic both in BiteDog and your solo.

EB: I was flollowing Bertrand Gauguet on internet for a while, I was listening to him still before playing in duo with Ivan. His extreme coherence in pursuing an idea of sound and movement brings me to another frequence of listening. I observe him interacting with electronics and I’m very impressed on being in front a saxophonist and never hearing something like that. This element made us curious to play with him. Observing this fluxus of noise that comes from a woodwind, interacting with an idea of simulated electronics thanks to space and silence, give us a sensation of entirety and, at the same time, bring us in a dangerous dimension that teaches to considerate the error like an input for the next creative process. I use this way of thinking also when I work in solo. My solo NO DRUMS is not the negation of a rythmic line. Using objects and metal strings on a mini drums set, it’s interesting changing my gesture on an minimal instrument set, that is the same thing that I do in BiteDog, no more using mental and physical systems mostly linked to a percussive vision but assimilating into this a form that moves close to the performative movement. This thing let me think in a diagonal way touching top-down a screen full of sounds and gestures.

Giulia DeVal è una giovane artista che ricerca il suo linguaggio tra le arti visive e la musica sperimentale, concentrandosi in particolare sulla relazione tra voce e oggetto. Dopo la laurea, appena conseguita presso l’Università di Bologna in Discipline della Musica e del Teatro, continua la sua ricerca teorica volta allo studio di performance ibride e alle connessioni tra il teatro d’oggetto e la scena noise europea.