Si è svolta ieri presso lo Spazio Schiaparelli l’anteprima di SONIC WAVES, Festival 5 Giornate di Milano alla sua quattordicesima edizione promosso da TEMA e Centro Musica Contemporanea con la direzione artistica di Alessandro Calcagnile e Rossella Spinosa. Se la scorsa edizione era consacrata a Pierre Boulez, quest’anno si cambia musica, con uno sguardo ai giovani compositori e ai giovani interpreti grazie a progetti sviluppati in collaborazione con il Conservatorio di Cagliari, il Conservatorio di La Spezia, l’Acusmonium Audior, il Festival di Bellagio e del Lago di Como.

Elementi dell’Acusmonium Audior ©Giulia DeVal

 

L’evento anteprima ha catapultato il pubblico in un ascolto immersivo grazie all’Acusmonium Audior, un acousmonium mobile progettato e interamente realizzato nel 2012 da Eraldo Bocca (progettista e costruttore elettroacustico e consulente nell’ambito della progettazione acustica ambientale, collaboratore del CESMA, Centro Europeo Studi Musica e Acustica di Lugano e del Centro Culturale San Fedele di Milano), in collaborazione con  Dante Tanzi (compositore e interprete di musica acusmatica formatosi tra il Conservatorio di Como e la Francia presente nelle stagioni di San Fedele Musica come interprete all’Acusmonium), fondatori dell’associazione AUDIOR.

I due hanno preparato per lo spettatore una situazione di semi oscurità adatta alla fruizione della musica acusmatica. Se gli occhi non vedono la fonte sonora, infatti, chi ascolta è nella condizione di lavorare con la propria immaginazione e qualcosa sembra essersi evoluto dagli albori della musica concreta: accade oggi che i suoni raccontino storie, che tocchino la carne viva della Storia, come in molte delle composizioni selezionate che ritraggono condizioni umane di tipo repressivo, di conflitto o sofferenza personale, in particolare il brano di Helen He, in cui sentiamo le suonerie dei cellulari di persone morte durante una sparatoria. «Questi aspetti sono importantissimi da riproporre, altrimenti si rischia di presentare la musica elettronica come un momento  contemplativo o dedicato solo alla forma e allo svago» ci dice Tanzi poco prima che il concerto abbia inizio.

Il dispositivo che ci permette di ascoltare è appunto l’Acusmonium: si tratta di un sistema di proiezione del suono nello spazio, disegnato per la prima volta a Parigi nel 1974 dal compositore François Bayle e usato originariamente negli studi di Radio France; nella sostanza un’orchestra di altoparlanti in cui il suono viene spazializzato da un interprete che controlla il processo da una consolle. I suoni vengono diffusi tramite altoparlanti di diverso colore timbrico, calibro e potenza, disposti in modo da far incontrare lo spazio fisico con lo spazio psicologico creato dalla musica. Ci sono quindi degli “interpreti” che gestiscono le emergenze e i movimenti del suono nello spazio controllando le sfumature e i contrasti, le intensità, la densità sonora, i colori e i filtraggi.

Interpreti e compositori, oltre a Dante Tanzi, sono stati i giovani Mattia Nuovo e Gabriele Balzano, che dalle cinque del pomeriggio a sera inoltrata hanno spazializzato le proprie composizioni e quelle di artisti della scena internazionale come Marc Favre, Martina Claussen, Giorgio Bianchi, Daniel Judkovski, Ricardo Mandolini, Marcela Pavia, Andreas Weixler, Dante Tanzi, Adam Stanović, Helen He, Philippe Léguerinel, Davide Salvan, Gráinne Mulvey, Cesare Saldicco, Se-Lien Chuang, James Andean, Alexandre Yterce, Marc Tremblay, Daniel Perez Hajdu, Denis Dufour.

©Giulia DeVal

Ma cosa vuol dire essere interpreti all’acusmonium? Lo abbiamo chiesto a loro.

Come si articola il rapporto tra il processo poetico dell’interpretazione e l’uso di un dispositivo tecnologico così complesso? 

Mattia Nuovo: l’interpretazione è sempre una cosa complessa in quanto prevede di entrare nelle intenzioni di chi ha composto un brano e quindi cercare in maniera fedele (o meno, se è l’occasione) di riprodurre le volontà di chi ha scritto. Il mezzo tecnico è sempre il 50% dell’interpretazione in quanto, a mio avviso, non è mai neutro lo strumento, è già un modo di interpretare. L’acusmonium in particolare è un modo molto chiaro di interpretare la musica acusmatica in quanto già solo il fatto che gli altoparlanti siano colorati, che preveda di muovere il suono in un certo modo nello spazio, che il materiale di ingresso sia in stereofonia e non già spazializzato, già questo è grande parte dell’interpretazione; il mezzo guida e il restante 50% significa estrarre dal mezzo quello che si ritiene essere più vicino all’intenzione di chi ha scritto. L’ascolto è un ascolto diviso essendo allo stesso tempo sia compositore che interprete.

Gabriele Balzano: sì, l’interprete è un interprete doppio, va a operare da una parte il più filologicamente possibile attenendosi all’idea inziale del compositore. A volte si ha la possibilità di parlare con il compositore o ci si trova di fronte a un compositore che lascia appositamente molta libertà all’interprete per scoprire lui stesso una nuova dimensione del brano, a volte il compositore richiede un intervento più oculato ma l’acusmonium stesso fa si che un’interpretazione forte, quella spaziale, sia presente. A volte il compositore non ha dimestichezza con questo strumento e quindi la figura dell’interprete funge poi anche da guida. Lavorare con il compositore, come mi è successo in passato con Andrea Giomi (all’Acusmonium San Fedele) è interessante, perché ci si riesce ad accordare sull’interpretazione, è comunque un rapporto complesso. Stasera verrà diffusa anche una mia composizione (Wie Ich!) ma io ho lasciato completa libertà, conoscendo anche Mattia: mi fido ciecamente e passo a lui la palla. La composizione di Mattia invece (Supersonic) verrà eseguita live.

Mattia Nuovo all’Acusmonium Audior ©Giulia DeVal

L’esplorazione dei materiali da interpretare comporta un lavoro sulla carta, ma durante il processo ci sono dei margini di libertà? C’è improvvisazione? 

MN: Sì, assolutamente. Quello che ho imparato dall’esperienza all’acusmonium è fissare ma non troppo, anzi cercare di fissare poco di quella che è l’esperienza di riflessione al tavolo, ma evitare di fissare troppo perché è molto limitante, ci si ritrovare poi a inseguire l’interpretazione, più che a starci dentro. Bisogna fissare solo ciò che si ritiene un inevitabile, vedendo come è stato scritto il brano, quali sono i comportamenti anche spettrali di dinamica…ci sono certe cose che uno ritiene doveroso dover rispettare (in quel caso si segnano), ma il momento del live è unire i punti tra le cose fissate sulla carta.

GB: Noi partiamo sempre dal file audio, sapendolo leggere come una partitura sia nella forma d’onda che nello spettro, riusciamo a estrapolare moltissime informazioni, anche perché noi con questo file abbiamo accesso direttamente a quella che è la volontà musicale finita del compositore. Abbiamo un livello di interpretazione non inferiore ma diverso da quello strumentale. Dopo l’analisi del file andiamo a ricalibrare dei parametri durante l’esecuzione, pensando a degli spazi soprattutto…è un ricalibrare volumi, un ricreare suoni che si muovono nello spazio, cosa che non può avvenire in file che si muovono solamente sul fronte stereo. Quello che facciamo è ritradurre quella che è l’intenzione dell’autore in un ambiente di ascolto immersivo a 360°.

©GiuliaDeVal