Trialogo fra Maurizio Marsico (MONOFONIC ORCHESTRA) e Antonio Maione e Massimo Mascheroni (ODRZ)
Ringraziamo Maurizio Marsico Antonio Maione e Massimo Mascheroni per questa piacevole chiacchierata in forma di intervista incrociata. Per tutti i nostri lettori l’occasione di conoscere da vicino tre artisti che hanno battuto importanti strade per la musica elettronica italiana.
ODRZ: Come (e se) è cambiato il tuo approccio compositivo dai tuoi inizi a oggi?
MAURIZIO MARSICO: Potrei affermare con uguale disinvoltura che il mio approccio al pensare, comporre e a realizzare musica, dai miei esordi ad oggi, non sia di molto cambiato, come allo stesso tempo dirti che in realtà queste modalità d’approccio per me sono sempre state in perpetua mutazione. Infatti penso che la risposta più sincera alla tua domanda sia anche quella più ambigua. Immagina un uomo che continui a martellare lo stesso chiodo mentre gli scenari spazio/temporali intorno ad egli cambino, al punto che ciò cui sta martellando acquisti tutt’altro senso da quello originale o funzionalità del tutto nuove rispetto al motivo di tanto martellare… Questo per dirti che la scintilla dell’immaginazione è senza dubbio importante, ma in fondo non è poi l’elemento più importante. Ci sono idee giuste al momento sbagliato e idee sbagliate al momento giusto. Sono rese tali dai parametri temporali o dagli scenari emotivi in cui si collocano Comunque al di là dei voli pindarici restano alcuni punti fermi per quanto possano apparire banali. Ad esempio Milano con le sue bellezze segrete e le sue brutture sfacciate è ancora per me fonte inesauribile d’ispirazione per mondi sonori disfunzionali fatti di melodie sghembe e armonie destabilizzanti e canzoni non-cantabili…
ODRZ: Cosa ti ha spinto a collaborare con una realtà come la nostra, abbastanza distante dalle tue sonorità?
MAURIZIO MARSICO: Per cominciare, perché quando vi ho sentito mi siete piaciuti da subito. Ho apprezzato molto le dinamiche sonore, l’utilizzo del rumore in modo assolutamente non-monocorde ma anche gli interventi vocali live e registrati, l’uso dei campioni, nonché gli aspetti performativi e il grande affiatamento e la serietà che vi contraddistinguono, aspetti che personalmente non considero secondari in nessuna forma di collaborazione. E poi, in fondo, penso che oggi qualsiasi distanza non sia così incolmabile….cioè penso siano più interessanti proprio i punti di convergenza tra forme artistico/musicali che si muovono solo in apparenza lungo direttrici diverse perché il segno del nostro tempo è riappropriarci in modo gioioso della complessità. Semplificare, catalogare, dividere non è forse un modo di esercitare il controllo anche sull’arte e sugli artisti ? E noi in quanto tali abbiamo in un certo senso il dovere di sovvertire qualsiasi tentativo di imbrigliare la libertà di pensiero. Sembrano temi illuministici o antidiluviani ma purtroppo nonostante il web siamo ancora lì. Ma adesso che mi ci fai pensare sono anch’io curioso di sapere come rispondereste alla vostra stessa domanda posta in maniera speculare e mi piacerebbe saperlo da entrambi….
ODRZ MM: La mia risposta è quasi altrettanto speculare. Quando ho ascoltato la raccolta dei tuoi lavori/progetti degli anni ’80 ho trovato un punto di congiunzione fra le nostre sonorità e la tua proposta di allora, che penso non abbia perso di smalto nonostante il passare degli anni, forse perché sono particolarmente legato a quel periodo. E il tuo recente cd mi ha confermato questa sensazione già dal primo ascolto. Mi trovi d’accordo anche sull’analisi per cui, in ambito sperimentale e di musica alta e altra, non ci siano in realtà barriere e/o limiti. Prova ne sia la nostra improvvisazione insieme a te lo scorso Marzo al Reverso Festival, davvero una improvvisazione senza alcun canovaccio iniziale, che ha dato come risultato finale sicuramente di più che non la somma delle due entità. Un’ultima annotazione, che si riallaccia alla parte finale della tua risposta, è il fatto che nonostante oggi ci sia stia spostando verso un mondo digitale e quindi poco fisico, ci siano musicisti che si ostinano a essere fisici. Noi ODRZ sicuramente lo siamo, e quando ti ho visto all’opera ho avuto la riprova che, per fortuna, altri la pensano e operano come noi.
ODRZ AM: Sicuramente l’ascolto del cd “Post Human Folk Music”. E’ un lavoro che considero attuale ed interessante per due motivi: il primo è che propone tanti e diversi elementi sonori, da quelli naturali (acqua, uccellini, strumenti a fiato….) a quelli artificiali (sintetizzatori, chitarre, drum machine, voci effettate….). Tutti questi elementi convivono sulla scena benissimo, e la composizione finale risulta davvero armonica. Il secondo motivo è sulla modalità compositiva: mi è piaciuto molto il far convivere elementi sonori diversi, il passare con naturalezza da un ‘paesaggio’ all’altro, ma soprattutto il ritmo. Trovo che tutto il cd abbia un ritmo perfetto, tanto da essere presente sempre, anche quando è assente. Il risultato finale, a mio parere, è che il cd accompagna l’ascoltatore per mano, da qualche parte, chissà dove. Tutto questo per dire che, sonorità a parte, nel tuo lavoro ho trovato molta vicinanza all’approccio con il quale noi ODRZ da sempre lavoriamo, nell’esplorare e nello strutturare i nostri lavori. E allora, dato che nel nostro manifesto dichiariamo che “Tutti gli spazi, le strutture, gli oggetti e gli abitanti del mondo divengono – tramite opportuni interventi artistici – oggetto di sonorizzazione”, quale migliore occasione per incontrarci e scambiare insieme suoni, ritmi e frequenze?
MAURIZIO MARSICO: Diciotto anni di ODRZ, siete giunti alla cosiddetta età della ragione, oppure no ?
ODRZ: Una risposta difficile. Proviamo a valutarlo con diversi elementi. Sicuramente negli ultimi anni abbiamo ‘raggiunto’ una nostra maturità a livello di composizione, probabilmente frutto di una sintonia sempre più elevata tra di noi: suoni, atmosfere e passaggi nascono già definiti, sorprendendoci ogni volta per la naturalezza della creazione. Un altro aspetto della ‘raggiunta’ maturità è la serie di interessanti e importanti collaborazioni che abbiamo avuto con diversi artisti, cosa che riteniamo sia il risultato del lavoro degli anni precedenti. Altro elemento della ‘raggiunta’ maturità è certamente la visione molto più ampia di suoni e di atmosfere che utilizziamo attualmente, rispetto ai nostri inizi. Detto questo, riteniamo che non ci si possa considerare completamente maturi, perché lo stimolo continuo, che è la molla che ci permette di proseguire nel nostro cammino di continua sperimentazione, produce senza sosta una progressiva ‘maturazione’.
ODRZ: Per te cosa significa maturità compositiva?
MAURIZIO MARSICO: Forse significa finalmente e semplicemente accettare di essere ciò che si è e di conseguenza accettare anche di poter comporre ciò che si può. Accettarlo però non vuol dire accontentarsi di qualsiasi risultato si ottenga e nemmeno esclude un costante slancio evolutivo che proceda in parallelo con qualsiasi genere di lavoro decida di affrontare e poi portare a termine e che a questo punto presumo si esaurirà soltanto alla fine della mia esistenza.
ODRZ: Qual’è il tuo modo/tempo di lavoro in ambito musicale?
MAURIZIO MARSICO: non ho una routine giornaliera tipo dalle 9 alle 17 pausa pranzo esclusa. Lavoro sempre e non lavoro mai. Cioè il 90% del mio tempo lo dedico alla ricerca, allo studio e alla scrittura di una traccia compositiva piuttosto strutturata ma che abbia sempre una porta d’accesso ben aperta verso la non-intenzionalità, poi quando i tempi sono maturi entro in studio di registrazione in full immersion e non stop fino a quando non ho finito. Quando però è finito è finito. La mia versione resta quella. Se qualcun altro vuole remixare ben venga, ne sarò lietissimo, ma non è più un mio problema. Per voi invece come funziona ?
ODRZ: Noi siamo piuttosto metodici, ci troviamo una sera a settimana per quanto riguarda la ricerca di suoni, la scrittura dei brani e la registrazione. Una parte importante che riveste il nostro lavoro riguarda la tematica di ogni progetto. Per cui, prima di tutto, un iniziale, corposo lavoro a tavolino che ci quale abbiamo operato solo di rifinitura e post produzione. Infine cerchiamo, nel limite del possibile, di poter scegliere anche la parte grafica delle uscite e delle pubblicazioni, dando un’impronta il più possibile personale all’intero lavoro.
Cosa ricordi con maggior intensità/piacere invece dei tuoi inizi e più in generale degli anni ‘80?
MAURIZIO MARSICO: Ricordo con grande intensità ma anche con un misto direi agrodolce di sensazioni, soprattutto il grande entusiasmo e la grande passione che mi contraddistinguevano ai tempi, uniti ad un’energia e un’ingenuita’ e un coraggio che pensavo avrebbero abbattuto qualsiasi ostacolo, se solo avessi voluto. Mi rivedo come strana creatura dionisiaca tipo un fauno dallo sguardo torvo o un satiro dal piede caprino, che invece del flauto suonava il synth o lanciava frattaglie sanguinolente addosso al pubblico e anziché per i boschi vagava tra i Pois e il Plastic, e mi perdono per aver creduto di esserlo stata. Con
maggior piacere ricordo il mio concerto a New York dove Monofonic Orchestra divise il palco con Z’ev e Glenn Branca, le mie performance insieme a Massimo Mattioli, Andrea Pazienza, Stefano Tamburini, Tanino Liberatore e la grande amicizia che ci univa, la creazione dell’opera Biancaneve con Turchet e la sua prima esecuzione al Teatro Due di Parma con Fiorenzo Carpi tra il pubblico, una cena con un cordialissimo Luigi Nono assai curioso di conoscermi perché sua figlia aveva molto apprezzato il mio disco allegato a Frigidaire e l’invito (che accettai) di Sylvano Bussotti a parlare della mia musica alla sua classe di composizione in quel di Fiesole. E poi ancora l’amicizia ( o se vogliamo dirla all’americana : la nostra musicianship), gli incontri i concerti con Rhys Chatham il mio concerto di Parigi a Les Bains Douches, rappare, prossimi al coma etilico, insieme a Mimmo Rotella il giorno del suo compleanno, mettere i dischi mentre i Rock Steady Crew ballavano, la performance durante la rassegna Art in Italy all’I.C.A. di Londra, trovarmi nei vecchi studi Ricordi a registrare con Anthony Braxton, Frédéric Rzewski, Ursula Oppens e Michael Cuscuna e a improvvisare al Teatro Miele con Maggie Nichols e molto altro ancora. Invece Massimo e Antonio, cosa diavolo erano prima di diventare ODRZ? Cosa suonavate, con quali strumenti?
ODRZ: Noi negli anni ‘80 siano stati solo spettatori anche se, a livello assolutamente amatoriale già suonavano insieme. Massimo da perfetto autodidatta comprò una batteria e iniziò a suonarla con una foga punk. Antonio invece aveva iniziato a suonare chitarra e tastiere, andando “a orecchio” dopo aver imparato i primi accordi. Fu solo dopo un concerto dei Naked City, a cui assistemmo insieme all’inizio degli anni ‘90, che decidemmo di provarci anche noi. E per otto anni, dal ‘92 al 2000, come Onde Rozze, accompagnati da un nostro caro amico come terzo componente, proponemmo un ibrido fra industrial, cyber punk e noise con chitarre distorte, campionatori, synth, percussioni metalliche e voce saturata e filtrata, con un approccio molto aggressivo sul palco (utilizzavamo un flessibile su una lastra di metallo che sparava scintille a un metro di distanza) ma sempre con una scrittura musicale in forma piuttosto canonica di “canzone”. A fine 2000, con l’abbandono del terzo componente e conseguente restringimento del nome in ODRZ, suggellato da un evento dal vivo programmaticamente intitolato “Requiem”, i due membri rimasti decisero di passare a un approccio alla musica più progettuale e meno istintivo. E quindi, progetti a tema e collaborazioni con artisti sia in ambito musicale sia di arti diverse quali pittura, video, danza. Con il passare degli anni c’è stata anche una evoluzione nell’utilizzo della strumentazione. Pur apprezzando molto i campionatori e i synth, da qualche tempo siamo passati a snellire il parco
macchine, ottenendo comunque quel suono ODRZ che molti ci riconoscono, lavorando su stratificazioni di suono e un continuo alternarsi di pieni e vuoti, di picchi monolitici e di asciugature sonore, con una ricerca e un interesse verso trame ritmiche fino a qualche tempo fa poco analizzate. La forma “sinfonia”, sia come tipo di scrittura che come approccio al progetto, ci attrae parecchio perché permette di strutturare il lavoro in un unicum sonoro con una continuità musicale. Invece in questo momento, dal punto di vista della tua ricerca musicale, cosa ti intriga maggiormente?
MAURIZIO MARSICO: in questo periodo sono particolarmente attratto da micro tonalità e poliritmia, ad esempio creare disegni melodici composti da frazioni di tono, agendo sul fine tuning dei sintetizzatori o impostare sequenze ritmiche irregolari molto ampie, con la batteria elettronica, sovrapposte in cicli concentrici, dove alcuni parametri e/o suoni siano alterati imprevedibilmente ma costantemente sia attraverso una modalità random interna sia attraverso uno o più trigger esterni. Sto anche scoprendo attraverso la mia voce, o per meglio dire grazie ai miei limiti vocali, un nuovo modo di utilizzare il testo nelle canzoni che non attenga cioè alla qualità letteraria delle parole ma piuttosto all’intenzione drammaturgica primaria insita nel brano musicale da cui trae origine. Ad esempio mettere in scena formato canzone atti compiuti e atti mancati con voci non pedissequamente descrittive in forma di strofe e ritornelli ma piuttosto, come fossero estrapolate dal cuore pulsante dell’azione o dell’inazione di un vero e proprio film sonoro senza immagini. Un po’ come è accaduto a livello embrionale durante il nostro concerto al Santeria. Avete anche voi avuto la percezione che in quel momento stavamo facendo qualcosa d’importante? O sono solo io ad essere fuori come un balcone?
ODRZ: La nostra sensazione è stata quella di cogliere l’attimo, nel senso di essere lì in quel determinato momento con la persona giusta, con i giusti suoni che si integravano quasi alla perfezione nonostante il set fosse del tutto improvvisato. La riprova il fatto che ne sia nata una collaborazione che sfocerà in un prodotto discografico, di cui al momento non anticipiamo nulla, e in un prossimo live insieme a fine 2018.