A un mese della sua chiusura vogliamo lanciarvi un ultimo invito a visitare Le radici della violenza, trilogia filmica di Yuri Ancarani ospitata da Castello di Rivoli Museo di Arte Contemporanea.
Per farlo abbiamo scelto una citazione: “I giornali parlano di tutto, tranne che del giornaliero. Quello che succede veramente, quello che viviamo dov’è? Il banale, il quotidiano, l’evidente, il comune, l’ordinario, l’infra-ordinario, il rumore di fondo, l’abituale, in che modo renderne conto, in che modo descriverlo? Forse si tratta di fondare la nostra propria antropologia: quella che parlerà di noi, che andrà cercando dentro di noi quello che abbiamo rubato così a lungo agli altri. Non più l’esotico, ma l’endotico. Georges Perec, L’infra-ordinario 1
1 G.Perec, L’infra-ordinario, traduzione a cura di R. Delbono, “Variantine”, Bollati Boringhieri, Torino, 1994
Le radici della violenza, a cura di Marcella Beccaria, segue la personale di Yuri Ancarani (Ravenna, 1972)
organizzata nel 2018 dalla Kunsthalle di Basilea che, grazie al bando vinto con il Castello di Rivoli, è stata sostenuta dall’Italian Council. Si tratta di un trittico formato da San Vittore, San Siro e San Giorgio (versione 0, girato originario). In tutti e tre i casi, Ancarani propone uno sguardo che ci sembra più che mai infraordinario ed endotico – rubando le parole a Perec – su tre luoghi assolutamente iconici: il carcere, lo stadio e la banca. Luoghi a cui spesso non è concesso che un solo sguardo, luoghi dalla valenza simbolica così indiscutibile e dalla funzione così univoca da diventare completamente estranei a una nostra reale percezione. Eppure leggere le immagini proprio alla luce della percezione, e alla luce del titolo, “le radici della violenza”, ci dà bene un’idea di quanto questo mondo nascosto e dimenticato sia in realtà non solo ciò che soggiace al livello simbolico, ma ciò che più influisce nel quotidiano di una città, in questo caso: Milano. San Vittore è il primo quadro a cui siamo posti davanti, si tratta di un ritratto del carcere attraverso lo sguardo dei bambini, parenti dei detenuti. Tramite l’Associazione BambiniSenzaSbarre, Ancarani ha condotto un laboratorio con loro il cui risultato è una serie di disegni della vita carceraria e dell’edificio di San Vittore stesso che costituiscono buona parte del materiale del video. La restante parte ci mostra in modo ravvicinato l’iter di controlli che un bambino deve superare per poter accedere al carcere, dall’essere tastato alla scrupolosa ispezione sul contenuto del proprio zainetto e dei giocattoli contenuti.
https://www.locarnofestival.ch/it/pardo/program/archive/2019/film.html?fid=1107800&eid=72
San Giorgio è un work in progress, un bozzetto filmico ancora privo di montaggio e di audio che ci catapulta immediatamente in un’altra ambientazione: la banca. Qui, nel silenzio glaciale, vediamo alternarsi immagini ancora una volta ravvicinate che tendono all’astrazione, le cui più memorabili si concentrano su un tritacarta e su una moltitudine di documenti distrutti. San Siro è il terzo e ultimo quadro che si apre con un’ epica composizione d’organo di Lorenzo Senni, Gescom Forever. Siamo allo stadio di Milano, nello stadio, ci siamo “prima”. Esiste San Siro prima della partita? Piove e dei cavi devono essere tirati. Centinaia di piccioni si sono posati sulle sedie e una persona incaricata di far esplodere diversi petardi per farli volare via, mentre altri lavorano alla manutenzione del campo. La partita sta per cominciare e i tifosi iniziano a brulicare nella architettura riempiendo di materia e
suono gli spazi. Quella a cui assistiamo è una lunga sequenza di dettagli che riguardano la moltitudine di lavoratori che stanno nell’ombra in un’ escalation che arriva fino ai più vicini alla squadra e in ultimo a qualcuno dei calciatori inquadrati soltanto da dietro. San Siro sembra diventare la metafora di una grande macchina che non dorme mai riportandoci alla relazione uomo-macchina, uomo-tecnologia già presente nella poetica di Ancarani.
La natura delle riprese, che abbiamo definito “infra-ordinarie”, si unisce a un magistrale uso tridimensionale del suono curato da Mirco Mencacci. Il tutto crea una situazione quasi immersiva in cui lo spettatore è posto in una condizione di reale prossimità percettiva ed emotiva con l’umanità presente nel video. La trilogia conferma così l’interesse di Ancarani sull’interazione tra corpi umani, architetture, tecnologie e le conseguenti relazioni emotive e comunitarie ma è anche specchio di un legame profondo tra l’artista e la città di Milano, un legame che accomuna un’intera generazione di artisti che vivono e operano nella città con uno sguardo consonante.
Riportiamo l’intervista a Yuri Ancarani su Le radici della violenza a cura di Daniele Licata:
Le radici della violenza è aperta fino al 10 Novembre presso Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea (Torino).

Yuri Ancarani San Vittore, 2018 Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, Rivoli-Torino Realizzata grazie al finanziamento di Italian Council, 2017.